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Pericolo stagflazione per il mercato azionario (e come strutturare il portafoglio)

Aggiornamento: 3 apr 2023

Le recenti turbolenze nel sistema bancario hanno aumentato non solo le probabilità di recessione e disoccupazione, ma anche di una inflazione incontrollata.

Quindi il vero nemico da temere, per gli investitori in azioni, è la stagflazione, che è stata mandata nel dimenticatoio dal mercato forse troppo presto.



Vediamo perché è così, e come possiamo preparare il portafoglio titoli.


I guai delle banche regionali americane hanno aumentato il rischio di un hard landing economico, scenario ormai sempre più probabile.

Ma con una inflazione persistente e “appiccicosa”, e per un periodo più lungo del previsto, la "stagflazione" (cioè crescita lenta, inflazione persistente e aumento della disoccupazione) potrebbe essere alle porte.


Gli investitori in azioni quindi dovrebbero fare molta attenzione, limitare il recente ottimismo sull’azionario, non ignorare le reali prospettive economiche e il loro potenziale impatto negativo sulle borse.


Il recente stress nel settore bancario ha senza dubbio complicato la missione della Federal Reserve statunitense di combattere l'inflazione. Ha anche reso molto più probabile una recessione economica. In prima battuta questo scenario è stato interpretato positivamente dal mercato azionario, nella speranza che in questo modo si fosse raggiunto il picco dei tassi e che l’inversione della politica monetaria potesse arrivare prima del previsto.

Probabilmente però questa visione è troppo ottimistica e miope, mancando di una visione più profonda.


Vediamo perché.


A seguito dei fallimenti delle banche regionali all'inizio di marzo, gli investitori si sono precipitati sui titoli a reddito fisso a breve scadenza, cioè sulla sicurezza (percepita) dei titoli di stato statunitensi, facendo salire i loro prezzi.

I rendimenti dei titoli obbligazionari del Tesoro USA, che ovviamente si muovono inversamente rispetto ai loro prezzi, hanno registrato cali sbalorditivi, (raramente visti nei mercati nei decenni passati con questa intensità e volatilità) poiché gli operatori hanno iniziato ad anticipare una pausa più vicina nei rialzi dei tassi della Fed.


Le azioni, che inizialmente avevano continuato a essere scambiate in un range relativamente ristretto, hanno poi preso la strada di un discreto rialzo negli ultimi giorni del mese, nonostante gli evidenti rischi che lo stress bancario pone all'economia.

Gli investitori azionari non aspettavano altro che un motivo per comprare, e dopo oltre un anno di perdite, lo hanno voluto a tutti i costi vedere nel fatto che la Fed possa diventare nuovamente accomodante, come negli anni pre-pandemia.

Tuttavia il contesto e le condizioni macro sono oggi molto differenti rispetto a qualche anno fa, e attese del genere appaiono quanto mai elementari, semplicistiche e, in definitiva, sbagliate.

Riteniamo che gli investitori dovrebbero pensare alle prospettive economiche di più lungo periodo piuttosto che alla sola speranza in una politica monetaria meno restrittiva, per poter vedere un vero e duraturo impulso alle azioni.

Il problema infatti è molto più complesso di questa semplice euristica finanziaria, tipica di molti operatori del comparto azionario, ma certo non di quelli obbligazionari, composto da operatori più sofisticati.


L'odierna resilienza (per non definirla un vero e proprio scollamento con la realtà) del mercato azionario ignora i crescenti rischi di uno scenario di hard landing, con l'indebolimento della redditività aziendale e la presenza devastante della stagflazione.


Ecco tre motivi per cui purtroppo questo scenario sembra sempre più probabile:

1. Le turbolenze del settore bancario porteranno probabilmente a financial conditions più rigide e ad un inasprimento delle condizioni di accesso ai prestiti. Le banche regionali con meno di 250 miliardi di dollari di attività rappresentano una percentuale significativa dei prestiti concessi negli Stati Uniti: circa il 50% di tutti i prestiti commerciali e industriali (C&I), il 70% dei prestiti immobiliari commerciali e il 38% dei mutui residenziali. Se le banche regionali in difficoltà riducono i prestiti C&I, la crescita del PIL USA potrebbe rallentare, poiché i prestiti C&I influiscono direttamente sulla redditività aziendale, sull'occupazione e, quindi, sui consumi. Per dirla in altro modo, quando la crescita dei prestiti C&I rallenta, la disoccupazione tende ad aumentare. Il recente inasprimento degli standard di erogazione dei prestiti suggerisce che il tasso di disoccupazione potrebbe aumentare di 2,5 punti percentuali nei prossimi uno o due anni.

2. È probabile che la redditività complessiva delle banche regionali subisca pressioni, il che potrebbe mettere ulteriormente sotto pressione l'economia. Le banche stanno già conoscendo una crescente concorrenza ai depositi dei loro clienti da parte dei Treasury, dei certificati di deposito (CD) e dei fondi di mercato monetario, che rendono molto più dei conti correnti. In sostanza la gente sta togliendo i soldi da questi conti e li sta mettendo nell’equivalente dei BOT americani. Per conservare i depositi, le banche dovranno probabilmente aumentare i tassi di interesse che pagano ai depositanti, comprimendo quindi i loro margini di profitto. Inoltre, le agenzie di rating hanno recentemente tagliato le loro opinioni sul sistema bancario, il che non fa che esacerbare tali pressioni sui margini.

3. Le preoccupazioni per la stabilità finanziaria potrebbero costringere la Fed ad abbandonare prematuramente i suoi sforzi per combattere l'inflazione. Le pressioni sui prezzi rimangono relativamente elevate, con l'indice dei prezzi al consumo (CPI) di base in aumento del 5,5% su base annua a febbraio e l'inflazione dei servizi ancora in accelerazione. Il rischio è che l'inflazione rimanga più alta più a lungo, anche se l'economia rallenta: una ricetta quindi per la stagflazione che vedrebbe i consumatori subire un calo del potere d'acquisto


Quindi sebbene le turbolenze nel settore bancario possano effettivamente far presagire una pausa prima del previsto nei rialzi da parte della Fed, è necessario, prima di investire nell’azionario domandarsi se i crescenti rischi per l'economia siano già prezzati dal mercato oppure no.

Se a questo aggiungiamo un possibile ritorno dell'aumento dei prezzi dell'energia, ad esempio guidati dalle scelte del cartello OPEC+, la probabilità di scenario stagflattivo si fa concreta.

Secondo noi, questi rischi non sono attualmente presi in considerazione nelle stime di consenso per gli utili societari 2023-2024, né quindi dalle quotazioni dei corsi azionari.

Il mercato (soprattutto retail) si è concentrato solo sul rallentamento della Fed come motivo per tornare a comprare, dimenticandosi della recessione in arrivo e delle sue conseguenze negative sulle aziende quotate.


Quale consiglio dare agli investitori?


  1. Navigare a vista ancora per qualche mese

  2. Essere pazienti e non farsi prendere dalla F.O.M.O. nei temporanei rialzi di borsa

  3. Prestare molta attenzione ai dati economici, soprattutto ad inflazione e disoccupazione.

  4. Mantenere una solida esposizione del portafoglio ancora per qualche tempo in liquidità, obbligazioni di qualità con breve duration, e limitando l’allocazione azionaria alle stocks globali ad alto dividendo, privilegiando, su tutte le asset class, un approccio di asset allocation tattica e dinamica


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